N. 03101/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03967/2012 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

[…]

FATTO

Il ricorrente, titolare della ditta individuale Exxxxxxx, ha impugnato i provvedimenti adottati dal comune di Monterotondo […].

L’impugnazione è sorretta da plurime censure […].

Aggiungasi che il tempo trascorso dalla presentazione della dichiarazione d’inizio dell’attività commerciale avrebbe, secondo le censure, consolidato l’affidamento in ordine al legittimo esercizio dell’attività d’impresa svolta nei medesimi edifici.

Il Comune di Monterotondo si è costituito instando per l’infondatezza del gravame.

Accolta la domanda incidentale di tutela cautelare, alla pubblica udienza del 16.01.2013 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

 

DIRITTO

[…]

In particolare dagli atti istruttori (in specie, verbale di sopralluogo d.27-09.2011) risulta che il manufatto utilizzato dal ricorrente ha destinazione residenziale. E che, come per gli altri immobili, anch’essi abusivi o aventi destinazione diversa da quella prevista dal titolo edilizio in forza del quale sono stati eretti, le domande di sanatoria e di condono sono state respinte. Reiezione avallata in sede giurisdizionale attesoché, deduce il Comune, il giudice amministrativo ha respinto le domande incidentali di tutela cautelare nei ricorsi autonomamente proposti (sub nn. 21529 del 17.05.2012; 28341 del 29.06.2012) avverso i provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti del ricorrente per le violazioni edilizie contestate.

Ordinanze di reiezione che, si precisa nella memoria dell’amministrazione resistente depositata in prossimità dell’udienza pubblica, il ricorrente non ha impugnato.

Il ricorso è infondato.

A fronte dei fatti sopra descritti, le censure s’incentrano sull’astratto e generico richiamo della disciplina normativa in tema rispettivamente di motivazione e di sussistenza dei presupposti richiesti per l’esercizio del potere di autotutela dell’amministrazione con riguardo alla situazione di fatto maturata all’esito della dichiarazione d’inizio d’attività.

In limine, va precisato che il Comune resistente ha inviato al ricorrente una duplice comunicazione d’avvio del procedimento per la verifica della sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti per l’esercizio dell’attività oggetto di DIA: come persona fisica e, in aggiunta, notificata presso la sede, quale titolare d’impresa (ricevute di raccomandata in atti sub. doc nn.3, 7).

In ordine alle censure, va osservato che la dichiarazione d’inizio d’attività, oggetto dei provvedimenti i impugnati, rappresenta una situazione di fatto ex se ostativa alla produzione degli effetti giuridici che ordinariamente consegue alla presentazione della DIA.

Il ricorrente ha indicato come immobili strumentali un manufatto sottoposto a sequestro penale ed altri immobili privi di titolo abilitativo, per i quali è stata presentata domanda di condono (respinta) per uso residenziale, e non già ad uso commerciale secondo l’effettiva utilizzazione.

Sicché, nel caso che ne occupa, risultato assenti i presupposti giuridici necessari per la produzione, ai sensi dell’art.19 l. n. 241/90, degli effetti della Dia.

L’attività commerciale […] [c]ollide in definitiva con i principi, posti a tutela dell’ordinamento, che circoscrivono ab imis l’efficacia della DIA (cfr., da ultimo, Corte cost. 20 luglio 2012 n. 200).

Conseguentemente il potere esercitato dall’amministrazione, censurato come manifestazione d’autotutela, in realtà va qualificato come potestà sanzionatoria stricto sensu intesa.

Parallelamente, gli atti impugnati sono atti dovuti: repressivi dell’ordine giuridico violato, privi (di alcun margine) d’apprezzamento discrezionale che caratterizza invece l’autoannullamento o la revoca, i quali presuppongono che l’attività effettivamente intrapresa corrisponda, nei requisiti e nelle condizioni richieste affinché essa non contrasti con l’utilità sociale, a quella rappresentata nella dichiarazione d’inizio d’attività.

Ancora: il tempo trascorso dall’inizio dell’attività, svolta contra legem, contrariamente a quanto suppone il ricorrente, non è utile a consolidare alcuna aspettativa di stabilità in capo al ricorrente, legittimamente tutelabile, costituente propriamente il parametro con cui deve misurarsi l’interesse pubblico al ripristino della legalità nell’autotutela.

Aggiungasi che il ricorrente non ha controdedotto alle comunicazioni d’avvio del procedimento. Ha rinunciato al contraddittorio nella fase istruttoria, ossia alla verifica dialettica della sussistenza dei presupposti di fatto da cui ha preso le mosse il procedimento repressivo, ed in cui, in definitiva, si radica la tutela amministrativa nei confronti degli atti sanzionatori.

Da ultimo, va rimarcato che anche in sede giurisdizionale, l’atto introduttiva ha descritto una situazione assai diversa da quella documentata dal Comune resistente.

Risulta per tabulas che il ricorrente ha occupato abusivamente aree di proprietà del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, a cui imputa gli abusi edilizi contestati (cfr., contra, sentenza del TAR n. 7463/2012 che ha accolto il ricorso del CRA avverso l’ordinanza di demolizione riconoscendone l’estraneità).

E che la stessa situazione ricorre con riguardo agli immobili di proprietà della società Autostrade per l’Italia.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del comune di Monterotondo che si liquidano in complessivi 2000,00 (duemila) euro, oltre accessori e diritti di legge. 

Fonte

 

Come in qualche altra occasione, non ho resistito a riportare quasi per intero un atto pubblico – nella circostanza una sentenza – che esibisce, tra funambolismi argomentativi, segmentazioni irreali del testo e lessico altisonante o astruso, un burocratese in grande spolvero. Basti però qui quell’obsoleto attesoché (altrove anche atteso che), che si poteva facilmente scegliere di sostituire con i ben più umani dato che, tenuto conto che o considerato che. Non si sarebbe fatto un soldo di danno, stavolta (rispetto ad altre occasioni) nemmeno giuridichesemente parlando.

***

Condividilo con un tweet:

 

Per burocrati e giuristi è attesoché (o atteso che). #Dillopiùfacile: dato che, tenuto conto che o considerato che. http://bit.ly/15DI4zI