Alessandra Macinghi, nata nel 1407 e morta nel 1470, di antica famiglia mercantile fiorentina, andò in moglie a Matteo Strozzi e da lui ebbe otto figli. Con il ritorno di Cosimo de’ Medici a Firenze nel 1434, Matteo, che era stato partigiano degli Albizzi, è costretto all’esilio a Pesaro con tutta la famiglia e l’anno successivo muore lì di peste insieme a tre dei suoi figli. Alessandra fa ritorno a Firenze per curare gli interessi familiari ed è costretta a separarsi dai figli maschi sopravvissuti, coinvolti anch’essi nel bando del padre. Più tardi perderà anche il figlio Matteo, nato postumo. Della Macinghi si conservano 73 lettere inviate, tra il 1447 e il 1470, quasi tutte ai figli Filippo e Lorenzo, che sono un documento importantissimo di vita familiare fiorentina nel corso del XV secolo. Il senso della famiglia è il valore etico fondamentale che ispira la corrispondenza: il contrarre dei buoni matrimoni, l’amministrazione oculata del patrimonio, l’atteggiamento accomodante in politica, l’accettazione della volontà di Dio sono i corollari pratici che consentono alla famiglia di conseguire quella sicurezza sociale che è garanzia di tranquillità e prosperità. La Macinghi è personaggio culturalmente modesto, ma è proprio l’elementarità stilistica della scrittura a conferire alle sue lettere un valore documentario anche dal punto di vista linguistico. Le Lettere sono state pubblicate a stampa per la prima volta nel 1877.

Testo di riferimento: A. Macinghi Strozzi, Tempo di affetti e di mercanti. Lettere ai figli esuli, a cura di A. Bianchini, Milano, Garzanti, 1987.