I cantari sono componimenti in ottava rima di carattere narrativo, che con accompagnamento della musica (di cui oggi si è perduta ogni traccia) venivano recitati e cantati in genere sulle piazze a opera di canterini e cantimbanchi. Questo tipo di spettacolo popolare fu in voga dalla fine del XIII a tutto il XV secolo, ma ebbe nel corso del XIV il periodo della massima fioritura. I soggetti dei cantari erano i fatti dell’epica classica, le leggende cavalleresche, le vite dei santi, ma anche semplici vicende di tipo novellistico, che venivano rielaborate in chiave popolare a uso di un publico scarsamente colto del quale il canterino doveva toccare con immediatezza il sentimento e l’immaginazione. A questo fine i racconti semplificano la psicologia dei personaggi, indulgono nel gusto delle peripezie, del meraviglioso e del magico. I cantari qui riportati sono esemplificativi delle varie tipologie di racconto, dal romanzo d’avventura medievale (Cantare di Florio e Biancofiore, Il bel Gherardino) alla storia di argomento bretone (Ultime imprese e morte di Tristano), dalla vicenda mitologica classica (Cantare di Pirramo e Tisbe) al racconto novellistico (Storia del calonaco da Siena) e alla vicenda storica vera e propria (Cantare della guerra degli Otto Santi). Questi indicati sono tutti cantari anonimi.

Testo di riferimento: Cantari del Trecento, a cura di A. Balduino, Milano, Marzorati, 1970.