Pubblicato postumo tra il 1634 e il 1636, Lo cunto de li cunti di Giovan Battista Basile (1575-1632) è una raccolta di cinquanta fiabe in dialetto napoletano, raccontate in cinque giornate (per questo più tardi, fu chiamato Pentamerone). Fa da cornice la storia della principessa Zoza, affetta da una malinconia tanto profonda da toglierle la capacità di ridere. Per salvarla il re, suo padre, ordina di versare dell’olio sul pavimento e far cadere, così, in modo comico, una vecchia. Lo stratagemma riesce: la principessa scoppia in una risata, ma viene maledetta dalla vecchia. Poco dopo Zoza libera magicamente con le sue lacrime un principe tenuto prigioniero, ma una schiava si sostituisce a lei e sposa il giovane. Grazie all’aiuto di tre fate Zoza suscita nella rivale un desiderio inesauribile di ascoltare racconti, che sarà soddisfatto da dieci orribili vecchie. Zoza, assumendo le sembianze di una di esse racconta l’inganno di cui è stata vittima: la schiava viene uccisa e i due giovani possono sposarsi. È uno dei capolavori della letteratura barocca: il gusto del meraviglioso, tipico del secolo, si sposa a una genuina tradizione popolare. Ne trassero spunti per le loro fiabe Perrault, Tieck e i fratelli Grimm.

Testo di riferimento: G. B. Basile, Lo cunto de li cunti, a cura di M. Rak, Milano, Garzanti, 1986.