Pubblicata nel 1903, la raccolta fu ampliata e rivista fino all’edizione postuma del 1912, a cura di Maria Pascoli, sorella del poeta. In epigrafe viene ripetuto il verso virgiliano che già figurava in Myricae: Arbusta iuvant humilesque myricae. Equamente divisi tra paesaggio garfagnino (Barga e Castelvecchio) e memoria dell’infanzia, i ventotto componimenti dell’opera pascoliana più omogenea – nei temi e nei risultati – disegnano un’ideale biografia. L’intenzione esplicita è di ricollegarsi alla prima raccolta, anche se qui si accentuano i toni narrativo-fiabeschi (Valentino) e si rafforzano i soggetti simbolici (Il gelsomino notturno, L’ora di Barga). Il tema ricorrente resta quello del dialogo con i morti e della loro assidua presenza (Casa mia, La cavalla storna)

Testo di riferimento: G. Pascoli, Poesie, Milano, Mondadori, 1967.