Dramma in tre atti messo in scena per la prima volta nel 1921, definito dall’autore «commedia da fare»; rielabora spunti presenti in alcune novelle, in particolare in La tragedia d’un personaggio (1911, poi inclusa nella raccolta L’uomo solo), e in Colloquii coi personaggi (1915, poi inclusa nell’Appendice alle novelle). Durante le prove in teatro per la rappresentazione di un dramma, si presentano sul palcoscenico i personaggi scaturiti dalla fantasia d’un autore, il quale non ha portato a termine il suo testo: questi personaggi reclamano adesso il proprio diritto all’esistenza e mettono in scena le proprie vicende, che consistono in una storia familiare dagli esiti tragici. È forse l’opera più famosa di Pirandello, tradotta e rappresentata nei teatri di tutto il mondo, dopo l’insuccesso dell’esordio al teatro Valle di Roma (ma già nello stesso anno le repliche avevano ottenuto grandi consensi). Importante la prefazione al testo del 1925, in cui l’autore illustra le premesse teoriche del suo lavoro. Insieme a Ciascuno a suo modo e a Questa sera si recita a soggetto costituisce quella che lo stesso autore designò come la trilogia del teatro nel teatro, non solo perché questi drammi travalicano il palcoscenico e coinvolgono l’intero teatro, compresa la platea, ma anche perché rappresentano tutti i conflitti che possono sorgere tra le entità che interagiscono nell’evento teatrale, dall’autore agli attori, dai personaggi al pubblico.

Testo di riferimento: L. Pirandello, Maschere nude, a cura di A. d’Amico, II, Milano, Mondadori, 1993.