Romanzo scritto a partire dal 1910, pubblicato a puntate sulla «Fiera letteraria» tra il 1924 e il 1925, e poi in volume nel 1926. Sviluppa un nucleo tematico già presente in una novella del 1909, Stefano Giogli, uno e due (inclusa nella raccolta Colloquii coi personaggi), e che è fra i più caratteristicamente pirandelliani: quello della destrutturazione della personalità e dell’impossibilità di coglierla secondo una prospettiva unica e oggettiva. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, si rende conto degli innumerevoli modi in cui viene percepito dagli altri e di come le immagini che gli altri hanno di lui non coincidano con quella che egli stesso ha; ed anche che, non potendosi osservare mentre vive, rimane estraneo a sé stesso. Si rende conto, insomma, di essere nel medesimo tempo uno, nessuno e centomila. È per questo che, incurante del fatto di esser ritenuto un pazzo, si sbarazza dell’impaccio delle sue ricchezze, si separa dalla moglie e si ritira in un ospizio.

Testo di riferimento: L. Pirandello, Tutti i romanzi, a cura di G. Macchia e M. Costanzo, II, Milano, Mondadori, 1973.