Pubblicato nel 1912, è diviso in tre parti ed è dedicato dall’autore, nato a Trieste nel 1888 e morto in guerra nel 1915, “a Gioietta”, l’amica suicida Anna Pulitzer. È una narrazione autobiografica, continuamente frantumata, con frequenti aperture liriche, riflessioni morali, slittamenti da un tempo all’altro: un procedimento tipico della prosa vociana, segnato da una forte carica di eticità. Le tappe della maturazione dello scrittore si identificano in tre luoghi: Firenze, la città del passato e della cultura; Trieste, la città del presente e del lavoro; il Carso, il tempo e lo spazio della natura come forza originaria in cui affondano le radici dell’autore. La sintassi è assai tormentata, con innesti di dialetti triestino, veneziano e di lingua tedesca. Slataper, abbandonando il toscano come lingua prevalente, incarna lo scrittore mitteleuropeo, italiano di elezione, ma austriaco per cultura.

Testo di riferimento: S. Slataper, Il mio Carso, Milano, Mondadori, 1995.