Sul catalogo della mostra Riflessi, in appendice alla sezione sullo Japonisme, troviamo un glossario di termini nipponici, alcuni dei quali ci presentano un interessante spunto di riflessione: per esempio, sotto la voce jinrikisha人力車 incontriamo la seguente definizione.

jinrikisha人力車risciò: mezzo di trasporto usato in Giappone dal 1869. Il primo risciò venne realizzato in tale anno per un missionario americano che lo utilizzò per trasportare la moglie invalida per le strade di Yokohama. Il termine risciò, rickshaw in inglese, deriva dal termine (jin)rikisha che nel suo senso letterale significa veicolo a trazione umana. Nel dettaglio, 人 essere umano, 力 forza, 車 veicolo. Per dovere di cronaca, è interessante notare che la paternità di tale invenzione risulta essere americana o giapponese, a seconda delle fonti consultate…
Un altro curioso esempio, che evidenzia però un processo inverso di assimilazione linguistica ben più antico, lo ritroviamo nel termine juban / jiban 襦袢, ovvero biancheria da indossare sotto il kimono, il tradizionale abito giapponese. Per quanto sia un termine che illustri un capo di vestiario prettamente nipponico, si tratta, invece, di un vocabolo entrato nella lingua giapponese nel XVI – XVII secolo, ma di origine portoghese. “Gibâo” (portoghese antico) o “jibâo”, era una sorta di casacca imbottita che gli uomini indossavano sotto l’armatura. I primi europei a mettere piede sul suolo giapponese furono mercanti e, in seguito, missionari portoghesi e l’incontro/scontro tra questi due mondi, diede vita a fenomeni di adattamento e assimilazione linguistica decisamente stimolante.
(parte II)