La copertinaGiappone: luci e ombre delle terra del Sol Levante (Corazza e Ropa, Edizioni White Star, 2010) non è un semplice libro fotografico con didascalie e qualche scheda introduttiva ai vari capitoli. È un vero e proprio caleidoscopio di contrasti che si affollano davanti ai nostri occhi: le luci e le ombre, sapientemente scelte per far meglio risultare i colori, sono anche quelle che fanno apparire e scomparire aspetti stupefacenti e impensati del Giappone.

Luci 光 hikari e ombre 陰 kage si alternano nel libro di Iago Corazza e Greta Ropa per creare un contrasto pervasivo, ma non contraddittorio.
Giappone: luci e ombre delle terra del Sol Levante ci restituisce un immaginario culturale, quello nipponico, in cui grande importanza è riservata all’immagine, alla luce, al contrasto.

Prendendo spunto da un proverbio giapponese che cita: 光陰矢の如し kōin’ya no gotoshi, possiamo vedere come la visione del rapporto fra luci e ombre, apparentemente un contrasto fra i più netti, finisca per fondersi in una sola e unica prospettiva. Il proverbio corrisponde all’incirca al nostro detto “il tempo vola”, ma ritengo interessante sottolineare i termini utilizzati per illustrare la metafora: “come dardi di luce e di ombra”.
Il tempo è visto come il susseguirsi ininterrotto di momenti di luce senza i quali l’ombra non può esistere (e viceversa). Questa visione di inevitabile compresenza delle due facce della medaglia pervade, in realtà, buona parte delle forme espressive più tradizionali a partire dallo spirito che anima gli haiku.
Si tratta di un componimento che porta con sé le suggestioni dell’autore, le quali però rimanendo nell’ombra non descrivono nulla in modo lampante. Il testo è estremamente breve, essenziale, ma dinamico e ricco di immagini non viste, ma visibili. Come in questo esempio:

“accatastata per il fuoco,
la fascina
comincia a germogliare”

SuibokugaSe prendessimo poi ad esempio un suibokuga ovvero una pittura tradizionale a inchiostro nero, noteremmo parecchie similitudini con il tipo di espressività dello haiku. In una pittura di questo genere, i colori sono in realtà ben più d’uno – tutte le sfumature che si possono ottenere dal bianco al nero, diluendo sempre più l’inchiostro – e la funzione del digradare delle tonalità crea immagini nette e ben riconoscibili, ma anche forme evanescenti e appena suggerite.

Un esempio di ben altro genere ci viene rivelato attraverso la figura dei kurogo 黒衣 del teatro Bunrakuil teatro delle marionette.

Si tratta dei due assistenti del capo-burattinaio, che danno vita insieme sul palco ai movimenti di un’unica marionetta. La presenza dei tre è necessaria, viste le dimensioni e la complessità di movimenti possibili degli arti, della testa e del viso della marionetta.

Nonostante la presenza dei due assistenti si riveli fondamentale, essi indossano un abito nero, con un cappuccio che li ricopre interamente, quindi agiscono sul palco insieme al visibilissimo capo-burattinaio, ma è come se non esistessero, come se fossero le ombre indivisibili della luce della marionetta.

Gli esempi di questo rincorrersi di luci e di ombre non mancano e anche nella quotidianità vissuta in una casa tradizionale, la fievole luce che penetra all’interno attraverso gli shōji è un’ulteriore conferma del fatto che nella cultura nipponica i contrasti creati dagli opposti non hanno un carattere stridente, ma sono anzi parte integrante di un modo diverso di vedere la realtà delle cose.

Le parole dello stesso scrittore Jun’ichirō Tanizaki nel suo Libro d’ombra, illustrano appieno questa prospettiva.

“V’è forse, in noi Orientali, un’inclinazione ad accettare i limiti, e le circostanze, della vita. Ci rassegniamo all’ombra, così com’è, e senza repulsione. La luce è fievole? Lasciamo che le tenebre ci inghiottano, e scopriamo loro una beltà.” (da Libro d’ombra, Jun’ichirō Tanizaki, ed. Nuovo Portico Bompiani, 1982)

L’immagine del suibokuga è tratta dal sito web http://aidobonsai.wordpress.com