Caro Professore,
è più corretto dire “avere un incubo” o “fare un incubo?”

Cordiali saluti,

Antonella

 

Cara Antonella,

bella domanda!

Qui la voce ‘incubo’ dello Zingarelli 2012:

 

incubo

[vc. dotta, lat. incubu(m), comp. di in ‘sopra’ e un deriv. da cubare ‘giacere’, riferito allo spirito maligno che si credeva posarsi sul dormiente ¤ 1354]

s. m.

1 Senso di affanno e di apprensione provocato da sogni che spaventano e angosciano: incubi notturni | Il sogno stesso.

2 (fig.) Pensiero angoscioso che inquieta: vivere sotto l’incubo degli esami | Persona fastidiosa, quasi opprimente: quello scocciatore è un vero incubo!

 

Se lei considera l’etimologia, si accorge subito che lo ‘spirito maligno’ lo si subisce, non lo si fa. Perciò senz’altro meglio ‘avere un incubo’. (Mentre invece i sogni ‘si fanno’.)

 

“Non tardai ad assopirmi, ma passai una notte terribile; ebbi l’incubo; un fantasma spaventevole s’era buttato sopra di me e mi stringeva, mi soffocava col suo peso; sentivo un affanno, un caldo, una sete, un’oppressura da non dirsi; al mattino mi svegliai come istupidito, mi sembrava di non esser desto; sentiva una gonfiezza penosa nel cuore, e mi pareva che egli si fosse ingrossato, e che urtasse con violenza nelle pareti del petto.” (Tarchetti)

 

“Ma vedevo lo stesso, col pensiero: avevo l’incubo di quel cappellaccio e di quel bastone, lasciati lì, sul parapetto del ponte.” (Pirandello)

 

Con i migliori saluti,

 

Lorenzo Enriques e Mario Cannella