La parola di oggi è: femminile

SILLABAZIONE: fem–mi–nì–le
femminìle / femmiˈnile/ o (poet.) feminìle
[1268]
A agg.
1 di femmina, di donna: sesso femminile | (gramm.) genere femminile, genere grammaticale che, in una classificazione a due generi, si oppone al maschile, e, in una classificazione a tre generi, si oppone al maschile e al neutro | (astrol.) temperamento femminile, dei segni Toro, Cancro, Vergine, Scorpione, Capricorno, Pesci
2 da donna: abito femminile | scuola, classe femminile, riservata alle donne | linea femminile, discendenza dalle figlie femmine | tipico della donna: grazia femminile; astuzia, orgoglio femminile SIN. muliebre
|| femminilménte, femminileménte, avv.
B s. m.
1 (gramm.) genere femminile: il femminile, il maschile e il neutro | forma, desinenza che è propria del genere femminile: femminile regolare, irregolare
2 carattere proprio del sesso femminile | (raro) femminilità | nella loc. agg. inv. al femminile, di donne, fatto da donne: letteratura, cinema al femminile
3 (sport) incontro, torneo e sim. che ha luogo fra atlete: il femminile di tennis, di fioretto, di nuoto
4 rivista che tratta argomenti che interessano soprattutto le donne: diminuisce la tiratura dei femminili
 NOTA D’USO

femminile
Nella lingua italiana esistono due generi: il maschile e il femminile. Nel caso di esseri inanimati o di concetti, la distinzione è del tutto convenzionale, non ha cioè alcuna relazione col sesso maschile o femminile: il piatto, la sedia, la gioia, il dolore, il sole, la luna. Nel caso di esseri animati, invece, la distinzione tra genere maschile e femminile corrisponde gener. al sesso: marito, attore, portiere e gallo sono di genere maschile; moglie, attrice, portiera e gallina sono di genere femminile. Si è detto ‘generalmente’ perché ci sono delle eccezioni, nomi che sono di genere femminile anche quando indicano uomini, come la guida, la spia, la recluta, la sentinella, la guardia, la vittima, o nomi maschili che si riferiscono sempre a donne, come il soprano, o indifferentemente a uomini o donne, come il pedone. ATTENZIONE: in questi casi la concordanza è sempre grammaticale: il soprano Maria R. è stato applaudito; la sentinella, Luigi R., è stata ricoverata in ospedale.Da ciò deriva che la trasformazione dal maschile al femminile riguarda soltanto nomi che indicano persone o animali. Anche alcuni nomi che indicano ‘cose’ o concetti hanno la forma maschile e femminile oppure, con la medesima forma, possono essere maschili e femminili. Per es.: il testo – la testa, il modo – la moda, il radio – la radio, il capitale – la capitale. È evidente però che in questi casi si tratta di un falso cambiamento di genere che riflette un completo cambiamento di significato.Ma come si forma, di regola, il femminile? Ricordiamo che i nomi, da questo punto di vista, si dividono in quattro categorie:1 I nomi indipendenti o di genere fisso, che hanno come femminile un nome di radice diversa: uomo – donna, maschio – femmina, fratello – sorella, ecc.;tra gli animali: bue – mucca, porco – scrofa, ecc.2 I nomi di genere comune, che hanno un’unica forma per il maschile e per il femminile: il/la consorte, il/la pianista, il/la cliente, ecc. Tali nomi si distinguono per mezzo dell’articolo o eventualmente dell’aggettivo con cui si uniscono. Essi sono: alcuni nomi in -e: il/la custode, il/la nipote, il/la preside; i nomi corrispondenti a forme sostantivate del part. pres. di un verbo oppure, pur senza derivare da un verbo, contenenti il suffisso -ante: un/un’agente, il/la cantante; il/la bracciante, il/la chiromante; i nomi in -ista, -cida e -iatra: il/la barista, il/la canoista, il/la tirannicida, il/la pediatra; quasi tutti i nomi in -a, spesso di origine greca: un/un’atleta, il/la ginnasta, un/un’ipocrita, lo/la stratega.3 I nomi di genere promiscuo, nomi di animali con un’unica forma per il maschio e per la femmina: la mosca, il serpente, la volpe. Per specificare occorre dire il maschio (la femmina) della volpe, oppure la volpe maschio (femmina).4 I nomi di genere mobile, che formano il femminile mutando la desinenza o aggiungendo un suffisso sulla base delle seguenti regole generali: i nomi che al maschile terminano in -o prendono al femminile la desinenza -a: amico – amica, fanciullo – fanciulla, zio – zia, lupo – lupa; i nomi che al maschile terminano in -a appartengono quasi tutti alla categoria dei nomi di genere comune (V. sopra), con un’unica forma sia per il maschile che per il femminile. Solo alcuni nomi formano il femminile aggiungendo al tema il suffisso -essa: duca – duchessa, poeta – poetessa, profeta – profetessa, papa – papessa, (scherz.) monarca – monarchessa; i nomi che al maschile terminano in -e formano il femminile assumendo la desinenza -a (signore – signora, padrone – padrona) oppure rimangono invariati (cliente, agente, dirigente) oppure aggiungono il suffisso -essa (conte – contessa, studente – studentessa, giullare – giullaressa); i nomi che al maschile terminano in -tore formano il femminile mutando la desinenza in -trice: genitore – genitrice; lettore – lettrice. ATTENZIONE: dottore diventa però dottoressa; pastore, tintore e impostore prendono invece il suffisso -tora; i nomi che al maschile terminano in -sore formano il femminile aggiungendo il suffisso -itrice alla radice del verbo da cui derivano: aggressore – aggreditrice; possessore – posseditrice (ma professore diventa, com’è noto, professoressa); in alcuni pochi casi, la formazione del femminile avviene in maniera particolare: dio – dea, re – regina, abate – badessa, doge – dogaressa, eroe – eroina, gallo – gallina.In questo quadro generale, è spesso difficile formare il femminile dei nomi che indicano professioni o cariche. Il motivo è semplice: negli ultimi decenni sono avvenute nel nostro Paese profonde modificazioni sociali, economiche e culturali. Una delle conseguenze è stata la crescente presenza femminile in mestieri e professioni un tempo riservate agli uomini. Ecco allora che, quando un’abitudine consolidata identificava una certa professione col ruolo – e quindi col nome – maschile, la necessità di individuare la corrispondente forma femminile ha creato imbarazzo e dubbi. Avvocata, avvocatessa o ancora avvocato? Chirurga o ancora chirurgo? Valgono comunque le seguenti regole: il femminile di nomi che indicano professioni o cariche si forma in generale senza problemi applicando le regole indicate in precedenza. Si dice perciò: la dentista, la pediatra, la analista, la farmacista; la psicologa, la radiologa, la ginecologa, la cardiologa; la chimica, la filosofa, la deputata; la direttrice, la amministratrice, la ispettrice, la senatrice; la preside, la docente, la agente. Nel caso di ‘notaio’ si può dire sia la notaia Maria Rossi che il notaio Maria Rossi. Rare invece sono le forme ingegnera, medica e soldata, con i femminili di alcuni nomi dei gradi militari; è sempre opportuno usare la forma femminile, quando esiste, anziché il maschile: si dirà perciò la radiologa di turno Maria R. e non il radiologo di turno Maria R. Analogamente è consigliabile preferire l’ambasciatrice Clara L. a l’ambasciatore signora Clara L.: l’eventuale dubbio che possa trattarsi della moglie di un ambasciatore maschio sarà chiarito dal contesto; talora il suffisso -essa ha intonazione ironica o addirittura spregiativa: perciò è preferibile la presidente a la presidentessa, la filosofa a la filosofessa, ecc. Nessun problema tuttavia per studentesse, professoresse, poetesse, dottoresse e, naturalmente, neppure per ostesse, duchesse, baronesse, contesse e principesse; anche i nomi invariabili di origine straniera possono in generale essere femminili: si dirà perciò la manager, la leader, la art director, la designer, la scout, ecc. Ma gentleman, mister, policeman e steward sono solo maschili, mentre nurse, vendeuse, miss e hostess sono solo femminili; nei composti con capo-, quando il secondo elemento si riferisce a cosa, il femminile è invariabile sia al singolare che al plurale: si dirà perciò il caposervizio, la caposervizio, le caposervizio; il caporeparto, la caporeparto, le caporeparto. Quando il secondo elemento si riferisce a persona, la desinenza femminile è quella del secondo elemento stesso: il capocomico, la capocomica, le capocomiche; il capocuoco, la capocuoca, le capocuoche; alcuni nomi femminili si riferiscono sia a uomini che a donne: guida, guardia, sentinella, recluta, matricola, spia, comparsa, controfigura, maschera, ecc.; analogamente alcuni nomi maschili si riferiscono anche a donne: per esempio messo, mozzo, sosia, secondo (nei duelli), fantasma. Inoltre soprano, mezzosoprano e contralto si usano preferibilmente al maschile, benché indichino in genere cantanti di sesso femminile; si notino comunque i plurali: i soprani, le soprano; mantengono il loro genere anche se riferite a persone di sesso diverso le locuzioni come battitore libero, franco tiratore, portatore d’acqua, braccio destro e prima donna; alcuni nomi, infine, si riferiscono solo a uomini: galantuomo, nostromo, paggio, e marito, padre, padrino, fratello, genero, scapolo, celibe; altri solo a donne: dama, mondina, caterinetta, perpetua, e moglie, madre, madrina, sorella, nuora, nubile; di norma il vocabolario riporta nella sezione grammaticale di ciascun lemma le indicazioni per la formazione del femminile nei casi in cui possano esservi dubbi.