Con “scuola poetica siciliana” si designa nell’insieme un gruppo di rimatori che gravitarono intorno alla corte imperiale di Federico II e che per primi diedero luogo a un’attività poetica collettiva in un volgare italiano. I testi dei Siciliani ci sono tuttavia pervenuti nella loro quasi totalità in traduzioni toscane. Gli anni di maggior fioritura sono quelli compresi tra il 1230 e il 1240; con la sconfitta di Manfredi a Benevento nel 1266 e la sostituzione del dominio angioino a quello svevo nel Sud dell’Italia, cessarono le condizioni che avevano determinato il fenomeno. Dal punto di vista tematico, metrico e retorico i Siciliani sono tributari della poesia provenzale. La poesia siciliana sviluppa esclusivamente il tema amoroso. Il caposcuola del gruppo è Giacomo da Lentini. Tra gli altri rimatori si segnalano: Cielo d’Alcamo, l’autore del celebre contrasto Rosa fresca aulentissima, sapiente mescolanza di temi e di linguaggio aulico e popolare; il notaio Guido delle Colonne, di cui restano cinque canzoni di tono molto raffinato; Odo della Colonne, che ci ha lasciato un lamento in tono popolareggiante di una fanciulla abbandonata; Rinaldo d’Aquino, il cui componimento più noto è il lamento di una fanciulla per la partenza dell’amante crociato; Stefano Pronotaro, unico del quale ci sia pervenuta un’intera canzone in lingua siciliana (Pir meu cori allegrari).

Testo di riferimento: B. Panvini, Poeti italiani della corte di Federico II, Napoli, Liguori, 1994.