Dialogo composto dal 9 al 14 aprile 1824, interlocutori la Natura e un’Anima. La Natura spiega a un’Anima infelice che è destino degli uomini essere infelici, tanto più quanto è maggiore l’intensità del loro sentire. Infatti sono proprio gli uomini di maggior ingegno e di immaginazione più fervida a essere i più lontani dalla condizione animale, che è la meno infelice tra quelle degli esseri viventi. I grandi ingegni possono essere risarciti della loro infelicità solo dalla fama e dagli onori che i posteri vorranno tributare loro. L’Anima chiede allora alla Natura di essere destinata a un destino meno alto in un corpo più insensibile e di preferire la morte subito piuttosto che la fama futura.

Testo di riferimento: G. Leopardi, Operette morali, a cura di O. Besomi, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1979.