Il carme, in versi sciolti, dedicato a Ippolito Pindemonte, fu composto nel 1806, in risposta all’editto di Saint Cloud, con il quale per motivi di igiene si vietava la costruzione di cimiteri vicino alle città. Il sepolcro, secondo Foscolo, non può opporsi alla forza distruttrice della morte, ma i vivi possono trovare nella tomba un luogo di “corrispondenza di amorosi sensi” con i defunti. La sepoltura segna il passaggio dallo stato selvatico a quello civile. Le tombe dei grandi sono un monito per i posteri e spingono ad emulare esempi di giustizia e libertà. La chiesa di Santa Croce a Firenze deve diventare per tutti gli Italiani il luogo da cui trarre auspici per recuperare la grandezza perduta, come i Greci a Maratona, dove le tombe degli eroi sono rimaste sacre per sempre. Il carme, ponendo al centro della riflessione poetica il tema sepolcrale, è in perfetta sintonia con il gusto preromantico.

Testo di riferimento: U. Foscolo, Poesie e carmi, a cura di F. Pagliai, G. Folena e M. Scotti, Firenze, Le Monnier, 1985.