La stesura
Il modo peggiore per iniziare la stesura di un tema è quello di incominciare dalla biografia dello scrittore. Esempio tipico: “Eugenio Montale nacque a Genova nel 1896”; o anche “la seconda guerra mondiale scoppiò nel settembre del 1939”. Perché? Semplicemente perché è banale e scontato, prevedibile e per niente originale.
L’incipit di un tema dice molto sullo stile del suo autore, sul tipo di approccio che si intende mantenere, sullo sviluppo che si vuole dare al discorso: argomentativo e riflessivo, autobiografico, ironico, e così via. Un’introduzione ci vuole: ma come farla? Intanto è bene togliersi dalla testa che il cappello introduttivo di un tema sia in realtà il testo che ci viene in mente all’inizio, subito dopo aver letto la traccia: la prima cosa che scriviamo in un tema di maturità è soltanto l’antipasto di quello che ci attende e bisogna considerarla con una certa circospezione, con un po’ di sospetto. In effetti l’inizio di un tema si può trovare strada facendo, rielaborando un enunciato che magari avevamo trascurato oppure approfondendone un altro lì vicino. Di solito la sensazione è la seguente: “ecco, questo pezzo scorre bene; ha le parole giuste; inquadra la situazione e potrebbe funzionare come attacco”. A quel punto (forse) l’incipit è sistemato. Si guarda l’orologio: sono già le undici e trenta. Fino ad allora abbiamo composto molti brani, molti pezzi apparentemente isolati l’uno dall’altro, da ricucire con periodi di raccordo, ma nessuno di quei brani sembra avere il carattere e la fluidità per un vero inizio in medias res, che è quello che stiamo cercando. Invece la soluzione che abbiamo trovato in quel momento, magari lavorando ad ampliare una parte significativa del tema, presenta i requisiti giusti: lo aggiustiamo, lo ricalibriamo, cambiamo un vocabolo, modifichiamo una forma verbale, ed è fatta. E l’incipit fu.
L’inizio è anche l’ingresso in mondo completamente diverso: un mondo verbale. Fuori, prima dell’inizio c’è o si suppone che ci sia un mondo completamente diverso, il mondo non scritto, il mondo vissuto o vivibile. Passata questa soglia si entra in un altro mondo, che può intrattenere col primo rapporti decisi volta per volta, o nessun rapporto. L’inizio è il luogo letterario per eccellenza perché il mondo di fuori per definizione è continuo, non ha limiti visibili.
Italo Calvino, Cominciare e finire, in Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio.
La retorica antica ci ha consegnato una ricetta universale per l’elaborazione del discorso e per la produzione di un testo orale o scritto. L’argomento ha un suo fascino perché questa tecnica è rimasta sostanzialmente la stessa da venticinque secoli a questa parte. Il procedimento retorico si compone di alcune fasi che presentano il meccanismo della scrittura come una successione di inventio, dispositio ed elocutio. Nella tabella possiamo vedere in sintesi come la lezione della buona vecchia retorica classica si può tradurre in una serie di passaggi operativi utili al nostro scopo.
Inventio | Individuazione degli argomenti | Lavoro sulla traccia. Lettura e schedatura dei brani di supporto. |
Dispositio | Disposizione delle parti all’interno del testo | Elaborazione della stesura intermedia. Strutturazione e dislocazione delle parti in modo coerente per evitare il rischio della frammentazione. |
Elocutio | Revisione e correzione lessicale e stilistica | Controllo dei contenuti, della sintassi e del lessico. Riletture intermedie prima di iniziare la “bella copia”. |
Dalla stesura intermedia a quella definitiva
Un elaborato scritto, specialmente quando deve avere la forma di un’esposizione complessa e argomentata, nasce sempre attraverso un lavoro di composizione di singole parti che poi vengono ricollegate in modo unitario e coerente. Ponendo sotto la lente d’ingrandimento i documenti che corredano la traccia e partendo da una considerazione di quelli che ci sembrano i concetti-chiave si può iniziare a comporre una serie di enunciati, anche apparentemente autonomi rispetto al disegno generale che abbiamo in mente. È importante però avere in mente un filo conduttore che ci guidi attorno a questi temi-pilota, e seguirlo nel corso del lavoro. I vari pezzi che componiamo possono risultare anche tante tessere di un puzzle ancora in via di definizione, ma se manteniamo il nostro elaborato aderente a una linea ben definita e circoscritta alla fine risulterà abbastanza semplice comporre le “articolazioni di raccordo”, cioè gli enunciati e i periodi che dovranno collegare e unificare i punti nodali del tema.
Dunque tra la lettura-analisi della traccia e la redazione definitiva vera e propria il tema attraversa una fase non meno importante che è quella di una stesura intermedia, fatta di appunti, periodi di media lunghezza, enunciati in ordine sparso ma convergenti sui motivi di fondo dell’argomento generale.
A questo punto si può passare alla stesura definitiva: le parti che abbiamo composto dovranno essere integrate, ampliate, approfondite con citazioni prese dai brani di supporto o attraverso esempi che rielaborino materiali culturali e prospettive personali. In questa fase è molto importante prestare attenzione ai nessi logici, ai collegamenti, ai passaggi da un argomento all’altro, alla sintassi del periodo. Il tema si può presentare come una vasta trattazione provvista di richiami interni, punti numerati e frecce che determinano la dispositio, ma il gioco è quasi fatto. Manca soltanto una revisione complessiva, e potremo iniziare la “bella copia”.