La Calandra del cardinale Bernardo Dovizi, detto il Bibbiena dal nome del paese in cui nacque nel 1470, fu rappresentata per la prima volta nella corte di Urbino il 6 febbraio 1513. A curare la messa in scena fu Baldassar Castiglione, che scrisse per l’occasione anche il prologo, giacché quello dell’autore non era giunto in tempo. La Calandra si ispira per l’intreccio ai Menaechmi di Plauto e agli Adelphoe di Terenzio, ma è tributaria anche del Decameron di Boccaccio (il titolo, per esempio, è desunto da Calandro, uno dei personaggi della commedia, che richiama esplicitamente il decameroniano Calandrino). La Calandra narra la storia di due gemelli, Lidio e Santilla, che dopo varie peripezie si ritrovano, l’uno all’insaputa dell’altra, travestiti il primo da donna, per avere l’opportunità di incontrare l’amata Fulvia (moglie dello sciocco Calandro), la seconda da uomo. La commedia, caratterizzata da un intreccio piuttosto complesso, è animata al suo interno da un senso di gioiosa vitalità.

Testo di riferimento: B. Dovizi da Bibbiena, La Calandra, a cura di G. Padoan, Padova, Editrice Antenore, 1985.