vìttima //
[vc. dotta, lat. vĭctima(m), di etim. incerta 1319]
s. f.
1 Nel rito sacrificale, animale o essere umano offerto, per uccisione, alla divinità: immolare una vittima, cento vittime; condurre la vittima all’altare | Far vittima di qlcu., ucciderlo, anche in risarcimento di torti subiti | La Vittima, la Divina Vittima, e sim. (per anton.) il Cristo. SIN. Olocausto.
2 †Sacrificio.
3 (fig.) Chi perde la vita o subisce gravi danni personali o patrimoniali, in seguito a calamità, sventure, disastri, incidenti e sim.: le vittime del terremoto, della guerra, della fame, della carestia; una vittima innocente; l’alluvione ha fatto molte vittime | Le vittime della strada, della montagna e sim., che muoiono in incidenti stradali, di montagna e sim. | Le vittime del progresso, che perdono la vita in seguito a esperimenti e sim. | Essere vittima di, perire a causa di o essere coinvolto in: essere vittima del lavoro, del dovere; essere vittima di un’epidemia.
4 (fig.) Chi soggiace ad azioni ingiuste, a prepotenze, violenze, soperchierie, sopraffazioni e sim.: le vittime della tirannide, dell’intolleranza religiosa, delle persecuzioni razziali; è la vittima del padrone, del capufficio; in famiglia la vittima è sempre lui.
5 (fig.) Chi subisce, anche senza averne piena coscienza, le conseguenze negative di errori, vizi, difetti e sim. propri o altrui: una vittima dell’ambizione, dell’egoismo umano; doveva rimaner vittima della sua mania (G. D’ANNUNZIO) | Fare la vittima, atteggiarsi a persona trascurata, perseguitata, infelice e sim. | Povera vittima!, (iron.) di chi si atteggia a vittima, avendo invece numerosi motivi di soddisfazione.