Gian Paolo Serino | La scrittura (im)mediata
La vera rivoluzione è l’uso democratico della scrittura. I blog hanno rappresentato il primo passo verso questa democratizzazione dell’atto scrittorio. Da qualche mese a questa parte la scrittura ha cambiato nuovamente forma: se nei blog la scrittura era minimamente ponderata, sui social network si assiste a un ribaltamento completo. La scrittura come lingua orale. Su Facebook o su Twitter si interagisce, specie nei commenti, seguendo l’istinto. È scientificamente provato che ogni reazione umana nei primi dieci secondi è pari a quella di un bambino di sei anni.
La scrittura (im)mediata dei social ci fa assistere esattamente a questo fenomeno non ancora evidenziato dai media tradizionali. La scrittura (im)mediata ci pone di fronte a un problema che ribalta ogni canone narrativo: si usa un linguaggio istintivo, molto vicino al parlato, ma si scrive. Il risultato è equivoco: molti interventi che a parole resterebbero tra le mura di un bar, su Facebook e su Twitter rimangono.
L’idea di partenza è la medesima: l’interventismo da bar dello sport, la tuttologia a portata di click, ma i risultati sono spesso devastanti. Gli esempi più vicini sono in politica: da quando la politica è scesa in campo sui social network non esiste tweet che non sia analizzato fino alle virgole e commentato nei minimi dettagli.
È un cambiamento radicale nel processo narrativo del nostro presente.
L’interazione orale in forma scritta cambierà per sempre anche il nostro rapporto non solo con la narrativa, ma soprattutto con la lettura.
Se da una parte il rischio è che ogni parola finisca per essere scritta sull’acqua (scompare come appare), dall’altra si sente l’esigenza di tornare a dare un peso alle parole.
Credo che in futuro prossimo, anche senza scenari apocalittici, per farsi leggere bisognerà tornare alla pietra. Ogni parola, per ottenere il suo naturale speso specifico, dovrà essere incisa.
Ecco: in tempo di e-book io credo che il futuro della scrittura sarà rappresentato dai libri di pietra.
Torniamo alla pietra, perché le parole non siano più destinate a scomparire ancor prima di essere.
© Gian Paolo Serino