de cuius
titolare di eredità.
Le quote che spettano agli eredi
Escludendo il coniuge e per i figli naturali, il grado di parentela determina l’entità della quota per ciascun erede.
Fatta eccezione per il coniuge e per i figli naturali, il grado di parentela determina ovviamente l’entità della quota spettante a ciascun erede secondo tre ordini successori: 1) ascendenti; 2) discendenti; 3) altri parenti fino al sesto grado.
Ciascun ordine esclude il successivo e, all’interno di ciascun ordine il grado di parentela prossimo esclude, di regola, quello più lontano: in linea retta ascendente, i genitori (parenti di primo grado) escludono la chiamata legittima all’eredità dei nonni (parenti di secondo grado) del de cuius, così come in linea retta discendente, i figli (parenti di primo grado) escludono i nipoti (parenti di secondo grado) del de cuius, e così via.La legge dà preferenza alla nuova famiglia costituita dal de cuius mediante il matrimonio e la filiazione rispetto a quella precedente formata dai genitori e dai nonni, dai fratelli e dalle sorelle. Ne consegue che la presenza dei figli del de cuius esclude dall’eredità i genitori, i nonni, i fratelli e le sorelle e quindi i parenti più prossimi, nonché ovviamente tutti gli altri parenti fino al sesto grado.
Il de cuius, nel linguaggio giuridico, economico-finanziario e della pubblica amministrazione, è un soggetto, vivo o morto, che dispone di un’eredità da trasmettere ai suoi eredi. L’espressione è un accorciamento di is de cuius hereditate agitur, ‘colui della cui eredità si tratta’, e può corrispondere a un ereditando o – se ha fatto testamento – a un testatore (o, più genericamente, un disponente); nel primo caso la successione è indicata dal diritto come legittima (o intestata), nel secondo come testamentaria. Facile pensare di sostituire de cuius, se chi dispone di un’eredità non è più in vita, con morto o defunto. Se però la persona è viva? Proporrei, in entrambi i casi, l’espressione titolare di eredità, pur consapevole che il titolare di un’eredità può anche essere il successore (testamentario o legittimo) del nostro de cuius.
Un’osservazione su ereditando, con quell’-ando, disceso dal gerundivo latino, designante per ciò stesso in genere (1) un soggetto che riceva o sia in procinto di ricevere qualcosa o (2) un oggetto passibile di un’azione imminente, un’azione su cui si eserciti un determinato giudizio, ecc. Cresimando e laureando indicano chi è prossimo a ricevere la cresima e un titolo di laurea, maturando chi deve sottoporsi a breve a un esame di maturità; un iniziando è chi sta per essere iniziato a un rito, un culto, una dottrina, ecc., un’educanda una ragazza che riceve un’educazione all’interno di un collegio, un istituto o altro; venerando è detto di persona degna del più grande rispetto, mentre esecrando – come il letterario abominando – è riferito a cosa o persona passibile di uno sdegnoso giudizio di condanna morale. Analogo il ragionamento per –endo: costituendo è detto di un ente, una società, un governo, ecc., prossimi a essere costituiti; il nubendo è chi è in procinto di sposarsi, di ricevere il sacramento del matrimonio. Gioca a sfavore di ereditando, insomma, il fatto di suggerire a un parlante comune l’idea di qualcuno che riceva o debba ricevere un’eredità, anziché di qualcuno che lasci o debba lasciare i suoi beni ai suoi eredi.
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