spesa, spaccio, utilizzazione.

 

 

Cassazione Civile, II sezione, 14 novembre 1996, n.9980 – FAVARA Presidente – VOLPE Relatore – PALMIERI P.M. – Ditta Cantine Manicor di Fabio Manicor (avv. Moser) – Toller (avv. Satta e Borgia).

[…]

L’esternazione del potere rappresentativo non richiede una espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato, essendo sufficiente che il sottostante rapporto di procura sia manifestato al terzo contraente attraverso elementi univoci e concludenti dai quali risulti chiaramente che l’attività del soggetto agente si svolge, appunto, in attuazione di un potere rappresentativo a lui conferito (cd. contemplatio domini tacita) (1).

Svolgimento del processo. – In data 6 marzo 1989 il Pretore di Trento, su ricorso della ditta Cantine Manicor di Fabio Manicor, emetteva decreto ingiuntivo nei confronti di Giorgio Toller per l’importo di lire 3.328.021, oltre accessori e spese.

Con citazione notificata il 3 aprile 1989 l’ingiunto proponeva opposizione, esponendo che nel novembre 1988 aveva incaricato tal Vito Novelli di organizzare l’apertura e l’inaugurazione di un proprio locale con il corrispettivo di un certo compenso e rimborso spese. […]

L’opposto si costituiva deducendo l’irrilevanza nei propri confronti dei rapporti interni tra il Toller e il Novelli, presentatosi quale mandatario del primo, dichiarando di acquistare la merce in nome e per conto del medesimo.

[…]

Il Pretore concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo e, assunta prova per testi e per interrogatorio formale, pronunciava sentenza in data 9 novembre 1991, con la quale, in accoglimento dell’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’opposto, oltre alla rifusione delle spese di giudizio, anche alla restituzione della somma di lire 4.245.722, versata dal Toller dopo la concessione della provvisoria esecuzione del decreto.

Il Manicor proponeva appello, cui resisteva il Toller, chiedendo il riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria e gli ulteriori interessi maturati dalla data della sentenza sulla somma indebitamente pagata.

Con sentenza 27 gennaio – 19 aprile 1994 il tribunale di Trento rigettava l’appello; rigettava la domanda di risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria proposta dall’appellato; condannava l’appellante al rimborso a favore dell’appellato delle spese del grado.

[…]

Ha proposto ricorso per Cassazione la ditta Cantine Manicor di Fabio Manicor sulla base di due motivi, successivamente illustrati con memoria.

Resiste con controricorso Giorgio Toller.

Motivi della decisione. – Con il primo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione degli artt. 1388 e 1326 c. c. e motivazione carente e illogica”, la ditta ricorrente sostiene che il giudice d’appello ha errato nel ritenere che la contemplatio domini di cui si doveva accertare l’esistenza dovesse essere espressamente dichiarata. Il combinato disposto dei menzionati articoli, al contrario, non richiede che la spendita del nome avvenga mediante una formale dichiarazione di agire in nome e per conto: si può, infatti, esprimere la volontà di stipula esercitando un potere di rappresentanza anche ponendo in essere tutta una serie di comportamenti che, molto spesso, hanno maggiore pregnanza delle parole stesse. […]

[…]

La decisione d’appello statuisce dalla valutazione complessiva ed unitaria di tutti gli elementi probatori e si sottrae, quindi, alle censure in esame, riguardanti il merito.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Fonte

 

 

CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

INTERPELLANZA N. 368/A

INTERPELLANZA SANNA Giacomo sull’acquisizione di nuovi immobili da parte dell’Arst Spa.

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Il sottoscritto […]

[…]

chiede al Presidente della Regione e all’Assessore regionale dei trasporti:

1) di intervenire con immediatezza e urgenza per sospendere qualunque procedura di locazione e/o acquisizione di ulteriori immobili da parte della società Arst che come è noto, anche a seguito dell’acquisizione dei beni dell’ex Fds, dispone di un ingente patrimonio immobiliare;

2) se non si ritenga necessario intervenire presso i vertici dell’Azienda regionale trasporti per scongiurare la spendita di ulteriori e ingenti risorse pubbliche considerate le politiche di contenimento della spesa e le ristrettezze del bilancio regionale.

 

Cagliari, 8 novembre 2012

 

Fonte

 

Cosa “racconta” la sentenza della Cassazione da cui sono stati selezionati gli estratti del primo documento? Un pretore, su ricorso di X, emette un decreto ingiuntivo nei confronti di Y, che però propone opposizione. Il pretore, interrogati i testimoni, accoglie l’opposizione di Y, revoca il decreto ingiuntivo e condanna X (l’opposto). Quest’ultimo ricorre in appello, ma un tribunale dà ragione a Y (che intanto ha resistito). L’ultima chance, per X, è ricorrere in Cassazione. È quello che fa (intanto Y continua a resistere, con un controricorso), ma anche la Suprema Corte gli dà torto. Quanti italiani sarebbero stati in grado di decifrare il dettato dei giudici? Pochissimi, naturalmente. Rimandando magari ad altra occasione una puntuale disamina delle asperità lessicali e sintattiche di un testo del genere, più o meno le stesse esibite da tante altre sentenze, concentriamoci su quell’unica spendita che abbiamo evidenziato.

Cos’è mai la spendita del proprio nome, se ci riferiamo a un imprenditore, se non il fatto che questi risponda personalmente dell’attività che esercita, rinunci cioè ad attribuire ad altri la facoltà di rappresentarlo legalmente? Non è qualcosa di molto vicino a una banale utilizzazione, salvo voler rimarcare l’assenza in quest’ultima (o in uso, o in impiego), se stiamo al verbo (spendere) da cui spendita muove, dell’idea di una spesa? E non sono suggeriti, utilizzazione o consumo, anche dalla «spendita di ulteriori e ingenti risorse pubbliche» del secondo stralcio che ho riportato? Qui, in realtà, c’è il sospetto che per spendita s’intendesse dire esattamente spesa (oppure, a voler essere maliziosi, spreco), e che il pensiero non sia stato ben formulato. Quella stessa spesa che potrebbe far valere facilmente i suoi diritti in contenere la spendita, come spaccio altrettanto facilmente i suoi in spendita di banconote false  e simili. Qui, a pronunciarsi in materia, è però il Codice penale: «Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate» (art. 453); «Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate» (art. 455).

 

 

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Condividilo in un tweet: Il burocratese, l’aziendalese, il giuridichese amano chiamarla spendita. #dillopiùfacile (a seconda dei casi): spesaspaccioutilizzazione.