«Kùlare»
Tradurre dal greco pone al traduttore una serie di problematiche che hanno a che fare, sostanzialmente, con la diversa “pasta” della lingua letteraria greca rispetto a quella italiana che vorrei condensare in un concetto, quello di icasticità: una particolare immediatezza, un’espressività, e un tratto particolarmente popolare che non sono comuni nell’italiano letterario.1
Come l’italiano, però, anche il greco subisce la forte pressione delle altre lingue, in particolare dell’inglese, e tende ad assorbire i prestiti inserendoli nella sua morfologia, creando così parole nuove che hanno una radice straniera e una flessione greca. Un po’ quello che facciamo in italiano con aggettivi quali “shakespeariano” o “manageriale” o verbi come “shakerare” o “implementare”.
Ed è proprio un verbo che mi ha creato qualche problema traducendo il romanzo che poi è uscito in Italia con il titolo Difesa a zona. Trovavo infatti un imperativo: Κούλαρε! che non avevo mai sentito. I vocabolari non mi aiutavano e, in quel tempo (eravamo nel 2001) non c’era ancora, per il greco almeno, quella straordinaria ricchezza di fonti, specialmente per i termini popolari, che è Internet (per quanto, ovviamente, richieda grande attenzione e capacità critica). Cosa poteva voler dire “kùlare”?
Brancolavo nel buio, lo ammetto: ho pensato al greco antico, al turco o a qualche lingua slava di cui, in effetti, esistono nel greco moderno molti prestiti; ho pensato anche all’italiano, in particolare termini marinareschi o commerciali. Ma non riuscivo a venirne a capo.
Finché, parlando con un mio amico che abita in Grecia ho scoperto l’arcano. Si tratta, effettivamente, di un imperativo, ma il verbo “kulàro” deriva dall’espressione inglese cool e significa “calmarsi”, “non agitarsi”. To cool down, insomma.
A quel punto, il problema è diventato “come tradurre” in italiano questo anglismo. Non sono riuscito a trovare, infatti, un corrispettivo italiano, un anglismo che fosse entrato nell’uso comune. E allora ho provato diverse ipotesi, dalla più audace: “Ehi, coolati!”, alla più tradizionale “Ehi, calmati!”, finché ho scelto per “Ehi, stai cool, non ti agitare!” Che è una scelta su cui si può discutere, naturalmente, ma che è un esempio di quella “negoziazione” che, come nota Umberto Eco, è alla base di ogni (buon) lavoro di traduzione.
1 Andrea Di Gregorio, “Icasticità del greco. Un confronto con l’italiano”, in Aspetti formali del testo nella letteratura neogreca, Atti del VII Convegno Nazionale di Studi Neogreci, Cafoscarina, Venezia 2009.
© Andrea Di Gregorio