Il bolognese Giovanni Sabadino degli Arienti visse tra il 1445 e il 1510, prima al servizio dei Bentivoglio di Bologna, poi degli Estensi di Ferrara. Nelle Novelle porretane, scritte intorno al 1495 e dedicate al duca Ercole d’Este, si immagina che una brigata di gentiluomini e gentildonne bolognesi si trasferisca nell’anno 1475 ai bagni della Porretta per la cura delle acque e lì occupi il suo tempo in attività amene, tra le quali il raccontare novelle. Questa impostazione del libro denuncia fin dagli elementi più esterni la ripresa del modello decameroniano. Anche la tipologia delle novelle, inconsuetamente ampia, ha riscontro solo con la varietà del raccontare del Boccaccio: troviamo casi curiosi, beffe, amori infelici, esempi e moralità, addottrinamenti teologici, tornei cavallereschi, discussioni di casistica amorosa, favole d’animali ecc. Il tutto però mantenuto su un piano di esteriorità, decorativismo che ha riscontro più con il gusto tardo-gotico della civiltà delle corti padane del Quattrocento che non con il realismo boccacciano. A meno che, in qualche caso, uno scatto improvviso e irrefrenabile, un ghigno beffardo riescano a farsi largo tra gli impacci di un’ideologia convenzionale per affermare un impulso anticonformista ed eversivo.

Testo di riferimento: S. degli Arienti, Le porretane, a cura di B. Basile, Roma, Salerno Editrice, 1981.