Pirandello Luigi, I Giganti della Montagna
Dramma lasciato incompiuto dall’autore, e messo in scena per la prima volta dopo la sua morte, nel 1937. Pirandello ne scrisse le prime tre parti e continuò a lavorarci fino agli ultimi giorni della sua vita; suo figlio Stefano ha riassunto la conclusione dell’azione, basandosi su quanto gliene aveva detto il padre. Il conflitto fra chi vive consacrandosi all’arte (sia pur con il rischio di estraniarsi dalla realtà) e chi invece le è estraneo, ed è tutto proiettato in un mondo bassamente materiale, è espresso nella vicenda di una compagnia di attori. Questi, giunti in una vecchia villa isolata dove vive uno strano personaggio, il mago Cotrone, vengono condotti a recitare la Favola del figlio cambiato, dello stesso Pirandello, in occasione del matrimonio di due dei «giganti della montagna», stirpe di esseri umani particolarmente prestanti che non compaiono mai in scena; ma i servi dei giganti, popolo ignorante e brutale, non comprenderanno lo spettacolo e trucideranno selvaggiamente gli attori.
Testo di riferimento: L. Pirandello, Maschere nude, a cura di M. Lo Vecchio-Musti, I, Milano, Mondadori, 1967.