Con la passione per la scrittura credo che ci si nasca, io almeno ci sono nata.

Tuttavia scrivere non sempre significa raccontare delle storie.
Quando capisci che raccontare delle storie è quello che vuoi fare non è detto che tu sia in grado di farlo. In sette anni di giornalismo di cose ne ho scritte, ma sentivo che mancava qualcosa e non sapevo che cosa. Un paio di anni fa una persona di cui mi fido molto ma che di scrittura e di storie non sa nulla, mi disse che era probabile che non fossi pronta per fare quello che desideravo fare, che forse dovevo tornare a scuola. Accettare quel consiglio non è stato facile perché mi dicevo che io a scuola ci ero già stata, che sapevo scrivere perché io scrivevo da sempre, scrivevo per lavoro e scrivevo per piacere.
Tuttavia scrivere, come dicevo,  non sempre significa raccontare delle storie.
Entrare alla Bottega Finzioni poco più di un anno fa è stato come partire per un viaggio verso l’ignoto. La Bottega non esisteva fino a quel momento e tutto quello che avevo erano delle specie di dichiarazioni di intenti scritte sul sito internet della scuola che stava nascendo. Scoprii che a fondare la Bottega erano dei veri e propri narratori, persone che per mestiere raccontano delle storie, scrivono delle storie e sceneggiano delle storie che io avevo visto al cinema o in televisione. Primo fra tutti Carlo Lucarelli, il capo bottega e poi Michele Cogo e Giampiero Rigosi.
La prima cosa che capii quindi era che la Bottega è un luogo dove si impara a raccontare delle storie, e questo già mi piaceva, perché non si diceva che ti avrebbero semplicemente insegnato a scrivere, e poi perché raccontare delle storie era proprio quello che volevo fare io, appunto.
Subito dopo capii che si chiamava Bottega proprio perché invece di partire con lezioni teoriche, ti avrebbero dato in mano immediatamente delle storie da scrivere e che per farlo avresti dovuto confrontarti con dei “committenti” che sono registi, produttori e autori veri.
Per me era insomma una specie di battesimo del fuoco, una sfida bellissima che ora, a distanza di un anno e mezzo, sono felice di aver colto.
Le cose nuove che stanno per nascere poi mi sono sempre piaciute, perché sono tutte da scoprire e anche un po’ da costruire, e io mi sentivo un po’ una cavia, ma allo stesso tempo sentivo che proprio perché appena nata, era una cosa estremamente viva, dalla quale io potevo trarre tantissimo.
Coi mesi ho scoperto poi che al di là del fatto che si trattava di una cosa nuova, a essere viva è proprio l’impostazione della Bottega, perché i progetti che entrano e con i quali ti devi misurare sono sempre diversi, ognuno richiede un impegno differente perché ogni “committente” ha un approccio personale al raccontare storie.
Storie per il cinema, storie per la televisione, storie da leggere, ce n’è davvero per tutti i gusti e ogni volta è un nuovo inizio.
Infine la Bottega è un luogo in cui si impara a relazionarsi con persone che cercano di imparare il tuo stesso mestiere. In Bottega ci si legge a vicenda quello che si scrive e a volte mettersi a nudo non è semplice, ma è fondamentale per testarsi e per arricchire il tuo modo di narrare. Inoltre raccontare delle storie non è un mestiere solitario, si fa in gruppo, gomito a gomito con gli insegnanti, con gli altri allievi, con i committenti, e anche questa è una bella sfida che forse non avevo preventivato. Imparare ad improvvisare è divertente, dà un senso di libertà, come raccontare storie.

© Sara Olivieri *

 

 

* Sara Olivieri è nata a Bologna nel 1979. Dopo una laurea in storia contemporanea è entrata nel mondo giornalismo e ha scritto per sette anni per testate nazionali come l’Unità e il Fatto Quotidiano. Nel 2011 è entrata alla Bottega Finzioni frequentando i corsi di fiction e non fiction, e vi collabora tuttora.