Pubblicate per la prima volta nel 1892, le Elegie romane sono considerate una sorta di diario psicologico del passaggio dall’esaltazione alla stanchezza d’amore. Artisticamente discontinue, le liriche si snodano simbolicamente nella rappresentazione letteraria di un colloquio amoroso, trasfigurazione poetica del rapporto di D’Annunzio con Barbara Leoni. Classica la scelta del metro, il distico elegiaco, attraverso il quale la raccolta si struttura in forma chiusa, ispirandosi a nuovi principi di ordine e armonia, e dando vita a un fitto accumularsi di echi e rimandi interni, in un sistema metaforico di luoghi e paesaggi cittadini.

Testo di riferimento: G. D’Annunzio, Versi d’amore e di gloria, a cura di A. Andreoli e N. Lorenzini, I, Milano, Mondadori, 1982.