Coniata intorno al 2010, l’espressione filter bubble si è imposta all’attenzione collettiva a metà del decennio in corso in rapporto all’impatto preoccupante del fenomeno sulle opinioni politiche e sugli orientamenti di voto del pubblico.
Anonimizzare i dati personali significa rimuovere qualsiasi elemento riconoscibile che possa permettere a tali informazioni combinate di risalire a un soggetto specifico identificandolo.
La crisi finanziaria del 2008-2010 sembra lontana, ma le sue ripercussioni si fanno ancora sentire.
Sembra assurdo, ma nel mondo iperconnesso in cui viviamo è possibile che un’amicizia o una storia scompaiano senza lasciar traccia.
C’è sempre una possibile catastrofe per la quale occorre essere preparati, come insegnano i cosiddetti preppers.
Se il dentista vi parla del floss con tutta probabilità si sta riferendo al filo interdentale e non al tormentone globale degli ultimi tempi, la strana danza chiamata appunto floss o flossing.
Data l’onnipresenza della tecnologia in ogni aspetto della nostra vita non sorprende che la frequenza d’uso del termine sia cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi anni.
Oggi prendiamo in esame la recente evoluzione subita dal verbo to disrupt e i suoi derivati, i quali hanno acquistato una connotazione perlopiù positiva che viaggia mano nella mano con il tradizionale significato negativo.
Il sostantivo feel è in circolazione dal XV secolo ma negli ultimi anni ha preso piede – specialmente sui social – l’uso del termine come sostantivo numerabile e spesso declinato al plurale.
Un aspetto deleterio dei social media è la tendenza dei suddetti a creare echo chambers, ovvero camere di risonanza, stanze degli specchi.
